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I robot e le questioni morali

di Maurizio Balistreri (Ricercatore di Filosofia morale, Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione, Università di Torino).


In considerazione dell’importanza sempre più grande che i robot acquisteranno nei prossimi decenni, non può essere più rimandata una riflessione sulle conseguenze della loro diffusione per la nostra vita. Come cambierà la nostra esistenza una volta che i robot diventeranno sempre più parte della nostra società? C’è, ad esempio, il rischio che i soggetti più deboli vengano piano piano abbandonati alle cure di robot in grado di svolgere adeguatamente il lavoro di una badante o di un operatore sanitario? E la diffusione dei robot nell’ambito dell’industria avrà come conseguenza la fine del lavoro umano? È stato sostenuto, poi, che la vendita dei sex robot promuove un modello di sessualità e di relazione in cui la donna è presentata come un mero oggetto da usare per il piacere, come e quando più si vuole. Che, cioè, l’uso dei sex robot renderebbe più difficile riconoscere le donne come soggetti con uguale dignità, in quanto queste macchine contribuirebbero a promuovere l’immagine della donna come oggetto. È legittimo chiedersi, inoltre, se potrebbero nascere relazioni affettive ed amorose tra umani e robot intelligenti. Nel caso in cui, poi, i robot apparissero sempre più irresistibili dal punto di vista fisico e psicologico/caratteriale, le relazioni umane cambierebbero radicalmente e l’amore ed il sesso tra gli esseri umani potrebbero diventare una forma inferiore o, comunque, moralmente meno apprezzabile di relazione. Si pongono, inoltre, questioni che riguardano la responsabilità morale e giuridica: ad esempio, se un robot killer bombarda per errore un villaggio abitato soltanto da donne e bambini, chi sarà responsabile di questo crimine? E lo stesso vale se è un veicolo autonomo che causa un incidente in cui perdono la vita pedoni e automobilisti. Si tratta, infine, di discutere in che modo vogliamo programmare questi robot per renderli “morali”. È prevedibile, del resto, che domani anche i robot autonomi incontreranno importanti dilemmi morali: un robot killer, ad esempio, dovrà decidere se l’importanza della missione giustifica un danno collaterale. E dilemmi morali simili possono capitare anche ad una macchina autonoma: un bambino attraversa improvvisamente la strada per andare a riprendere il pallone, la macchina può investirlo oppure sterzare ed in questo modo scontrarsi con un'altra macchina e causare la morte di un numero maggiore di persone. In che modo, però, possiamo rendere i robot morali e in grado di risolvere questi dilemmi? Infine, dovremmo chiederci se un robot può avere piena rilevanza morale e quando eventualmente l’acquista. Quali caratteristiche, cioè, dovrà avere per essere una persona e per meritare quindi rilevanza morale?

Obiettivi

Alla luce delle considerazioni precedenti, potrebbe essere interessante avviare una collaborazione tra ricercatori impegnati nell’ambito della robotica, filosofi della morale ed esperti di bioetica per ragionare insieme sulle principali questioni morali che emergono dallo sviluppo e dalla commercializzazione dei robot. Questo lavoro di ricerca e di collaborazione potrebbe tradursi a breve termine nella pubblicazione di saggi: ma potremmo anche pensare di organizzare incontri e seminari, sia presso il Politecnico che presso l’Università di Torino, per promuovere una discussione pubblica con altri esperti, gli studenti e la cittadinanza. In prospettiva, poi, si potrebbe costituire un centro di studi sull’etica della robotica con l’obiettivo di avviare progetti di ricerca e collaborazione per altri studiosi e Università interessate a lavorare su questo ambito di ricerca.