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La necessità della ricerca sulla didattica per innovare la formazione politecnica

di Riccardo Palma (Dipartimento di Architettura e Design).


Negli ultimi tempi nel nostro Ateneo si sta facendo sempre più condivisa la consapevolezza dell'importanza di rinnovare la didattica orientandola al problem solving e quindi al progetto, inteso in tutte le sue accezioni: dal progetto di un software a quello di un edificio, dal progetto di paesaggio a quello di un motore, dall'infrastruttura al sistema gestionale. Il raggiungimento di questo obiettivo non è però scontato poiché comporta una riflessione profonda sulle specificità della didattica del progetto e sulle sue metodologie di trasmissione. Si aprono cioè una serie di problemi. Ad esempio: insegnare a progettare significa prima di tutto far produrre progetti agli studenti e non solo verificare l'apprendimento di una disciplina alla fine del corso. Significa quindi saper spiegare durante il corso "come" si progetta e non solo "cosa" si progetta. Significa inoltre che l'intervento del docente agisce non solo sulla preparazione finale ma su un prodotto personale, su qualcosa che prima non c'era, il progetto appunto. Qualcosa che mette in gioco tutte le capacità e quindi anche le sensibilità dello studente. Non è lo stesso valutare la preparazione teorica o valutare un elaborato che uno studente ha prodotto e nel quale si identifica come persona.

Anche solo per questi motivi la didattica del progetto comporta perciò una serie di aspetti pedagogici che le sono specifici e che sono molto diversi da quelli che contraddistinguono la didattica ex-cathedra. Senza ovviamente entrare qui nel merito di questi temi, credo che, se il nostro Ateneo vuole seriamente orientare la sua didattica al problem solving, non basta cambiare i programmi dei corsi ma è necessario operare un profondo rinnovamento non solo delle attitudini dei docenti ma delle stesse strumentazioni teoriche, epistemologiche e pedagogiche che impieghiamo nella didattica.

Nelle discipline che formano professionisti "politecnici", dagli ingegneri informatici ai designers, la ricerca sulla didattica – essendo questa fortemente orientata alla pratica – non può che coincidere con una parte
importante della ricerca teorica. Come è possibile infatti insegnare a progettare senza disporre preventivamente di una, o meglio, più teorie del progetto? Davanti alla società civile che richiede un'innovazione continua delle figure professionali, come può essere credibile la formazione di progettisti senza appoggiarne i contenuti e i metodi su solide basi teoriche e senza quindi una ricerca che sia specificamente dedicata alla didattica del progetto? Per operare in questa direzione, vanno distinti con chiarezza i contenuti di una disciplina dalle modalità operative e processuali con le quali questi contenuti sono messi in campo in una professione, siano essi le equazioni di calcolo di una struttura o gli algoritmi di programmazione di un software o le proprietà dei materiali costituenti un oggetto. Queste modalità hanno a che fare con la complessità dei problemi affrontati, prima fra tutte l'interdisciplinarietà connaturata a qualsiasi soluzione che si voglia dare ad un problema reale. Come infatti insegnare ai nostri studenti l'interazione con i saperi e gli attori delle altre discipline, senza cadere nella banalizzazione per la quale basta mettere diversi esperti disciplinari intorno a un tavolo perché, magicamente, le soluzioni arrivino? Il che corrisponde a mettere assieme più docenti in uno stesso corso, senza avere preventivamente discusso e condiviso un progetto didattico e pedagogico sostenuto da una comune teoria del progetto. Per risolvere positivamente questi problemi pedagogici serve infatti una teoria che descriva le modalità di interazione tra discipline e che le trasformi in tecniche replicabili e quindi trasmissibili durante l'insegnamento.

Per queste ragioni, se non vogliamo correre il rischio che la didattica orientata al problem solving diventi semplicemente uno slogan da trascrivere sulle schede SUA, è necessario che l'Ateneo solleciti e incentivi vere e proprie azioni di ricerca scientifica che riguardino la didattica del progetto nelle sue varie declinazioni disciplinari e multidisciplinari.

Queste azioni, grazie alle competenze informatiche e tecnologiche che un Ateneo come il nostro è in grado di esprimere, dovrebbero anche essere in grado di produrre piattaforme operative per la didattica, la cui brevettazione e diffusione sta cominciando ad avere un non trascurabile mercato internazionale. Anche in questo caso è però necessario non cadere nella pericolosa banalizzazione che interpreta l'e-learning come sostituzione e (impossibile) riproduzione della didattica frontale. Occorre invece sperimentare nuovi strumenti "politecnici", fortemente ancorati ad una ricerca teorica multidisciplinare e non sostitutivi del rapporto diretto docente/studente.

A questo proposito, qualche anno fa era stata avviata una call competitiva per progetti interdipartimentali di miglioramento della didattica. Già nella seconda edizione della call è purtroppo prevalsa la logica del finanziamento a pioggia ai dipartimenti ed è sostanzialmente sparita sia l'interdisciplinarietà sia la visione complessiva di Ateneo. Malgrado ciò, in quella prima occasione erano emerse esperienze che, seppur isolate in ambiti disciplinari diversi, mostravano l'esistenza nel nostro Ateneo di competenze e idee innovative nate facendo ricerca sulla didattica delle rispettive discipline. Mi chiedo quindi se non possa essere utile, in vista di una reale innovazione della nostra didattica orientata al problem solving, far convergere queste e altre forze per dare vita ad un laboratorio di ricerca dedicato alla didattica sperimentale del progetto nel quale far incontrare le nostre competenze "politecniche" con quelle, egualmente necessarie, provenienti dalle scienze umane.

Non credo infatti che molti altri "oggetti scientifici" siano in grado di offrire elementi di così grande complessità e interesse a cognitivisti, studiosi di intelligenza artificiale, perfino filosofi, come quei processi progettuali che una buona parte di noi hanno il dovere e il piacere di insegnare nei propri corsi.