Uzbekistan: resoconti delle discussioni …davanti a un caffè
A partire dal maggio scorso ho discusso con alcuni colleghi che avevano contribuito a portare avanti la nostra azione formativa in Uzbekistan per approfondirne la conoscenza. Più recentemente, nell’intento di massimizzare l’interazione con quanti più nostri docenti avessero operato in quel Paese fosse possibile ho promosso una serie di incontri, denominati “Caffè uzbeko”, in cui a gruppi di 3-7 persone per volta abbiamo discusso alcune idee per il rilancio di questa nostra importante azione all’estero.
Ne sono nate le seguenti riflessioni, con le quali ho anche aggiornato il documento “Valorizzare la nostra prima missione: la didattica” che trovate qui in calce alla seguente pagina web: https://laboratoriopolito.org/la-nostra-prima-missione
Il rilancio delle nostra azione in Uzbekistan
Nell’ambito della internazionalizzazione della nostra formazione il rilancio della nostra azione in Uzbekistan rappresenta una priorità. Dopo anni di lavoro è tempo di valutare i risultati di quella che è la più grande azione formativa mai condotta dal Politecnico di Torino all’estero.
La progressiva svalutazione del sum rispetto alla nostra moneta pone le autorità locali nella condizione di richiedere frequenti rinegoziazioni al ribasso dei compensi a noi dovuti per contratto, mentre, paradossalmente, sta salendo il numero degli studenti serviti.
Al contrario, i nostri docenti continuano a svolgere al meglio la loro didattica in quel Paese. Essi mostrano un generale attaccamento alla nostra azione formativa a Tashkent e una vera passione, un senso di appartenenza cementato da relazioni in terra uzbeka tra docenti di discipline diverse, un vero valore aggiunto in un momento in cui, con la nemesi delle Facoltà, ci sono sempre meno occasioni di confronto interdisciplinare tra colleghi. Per consolidare questo spirito e aiutare al meglio chi di noi si spende per rendere possibile questa nostra importante azione formativa è necessario che si vari nella nostra Area Internazionalizzazione un ufficio dedicato al progetto Uzbekistan, una sorta di “Casa Uzbekistan”.
Nella recente gestione, si è positivamente avviato uno schema di intervento dei nostri docenti che consente loro di:
- avere una piena responsabilità dei contenuti formativi dei loro insegnamenti;
- svolgere le loro mansioni didattiche per lo più nell’arco di poche settimane, il che permette di non impattare troppo sui loro compiti presso la nostra Sede Centrale; questo è stato ottenuto anche allargando molto la base dei docenti al di là dello stretto gruppo originale e facendo diventare il progetto veramente di Ateneo con le valenze sottolineate prima.
- essere pienamente responsabili della concezione e correzione degli esami.
Su queste basi penso si debba costruire un nuovo confronto con le autorità locali perché si evidenzi presto un valore aggiunto maggiore in questa iniziativa, sia per noi, sia per il nostro Paese, sia, ovviamente, per l’Uzbekistan.
Occorre uno scatto di reni per non vanificare l’immenso lavoro fatto finora. Occorre che il Politecnico si (ri)prenda cura della missione in Uzbekistan con la stessa visione e con lo stesso spirito con cui questa iniziativa ebbe luce, a fianco del gruppo industriale della GM, nostro partner strategico. Il progetto Uzbekistan deve essere visto come un’operazione culturale e strategica per il nostro Paese, che certamente deve essere economicamente sostenibile, ma che richiede anche investimenti.
Il Politecnico di Torino in Uzbekistan deve diventare volano per l’affermarsi di una stretta collaborazione di quel Paese con l’Italia e le sue imprese interessate a diventare prime attrici del processo di rapido sviluppo infrastrutturale e dei sistemi produttivi di quel paese. Questo sta avvenendo per molti paesi europei e penso sia inaccettabile che proprio chi forma ingegneri in quel territorio non partecipi del suo sviluppo in modo ben apprezzabile.
Per questo, non appena si fosse in presenza di un governo stabile, a valle delle elezioni nazionali, penso sia necessario promuovere un’azione, di concerto con il nostro Ministero degli Affari Esteri e quello per lo Sviluppo Economico, perché gruppi industriali italiani si insedino in Uzbekistan dando forza ulteriore alla nostra presenza in quel Paese. Questo potrebbe dare una valenza al nostro operare a Tashkent in grado di superare le continue negoziazioni al ribasso della nostra remunerazione e trovare anzi fondi compensativi proprio da quelle aziende o dal Governo Italiano.
Nell’attuale contesto di incertezza politica italiana e di crisi economica del nostro Paese il successo di questa azione non dipenderà solo dalla nostra buona volontà, ma credo comunque necessario intraprendere questa strada e farlo presto. L’attuale livello di sviluppo dell’Uzbekistan fa intravedere possibilità di intervento nella costruzione delle infrastrutture viarie e di trasporto, nella gestione delle acque, nell’industria (agro)alimentare senza contare che, prima o poi, la rivoluzione digitale arriverà a produrre effetti anche in quel paese. Per avviare colloqui in modo efficace occorrerà chiaramente non porsi con le autorità locali in modo rivendicativo ma cercare di trovare le giuste condizioni perché il progetto Uzbekistan sia complessivamente di mutuo interesse. Mi aspetto che si possano rivelare in questo senso molto utili le buone relazioni interpersonali con i vertici dell’Uzbekistan instaurate di recente. Occorrerà non avere fretta ma perseveranza. Non mi nascondo le difficoltà di questo compito che, se eletto Rettore, intraprenderò immediatamente.
Nei settori di maggiore collaborazione tra i due Paesi, potrebbero poi nascere alla Turin Polytechnic University in Tashkent (TTPU) nostre iniziative di consulenza, se non addirittura di ricerca. A queste potrebbe affiancarsi, almeno a livello delle scienze di base, l’intensificazione delle collaborazioni con docenti e ricercatori sia della TTPU sia di altre istituzioni scientifiche (per esempio le accademie) e università locali.
In questi settori, teatro di attività per il territorio, potrebbero anche essere concepite posizioni di ricercatore RTDA e RTDB con una presenza sul territorio uzbeko assidua, per un limitato numero di anni, ad affiancare il responsabile del Politecnico di Torino a Tashkent.
Inoltre, di pari passo al new deal dei nostri percorsi formativi offerti in Italia, anche quelli offerti alla TTPU potrebbero essere rivisti e aggiornati nei loro contenuti, tenute in conto anche eventuali specificità locali.
Dovremo anche cercare, nel tempo, di formare una classe docente locale di livello almeno prossimo al nostro. Questi docenti dovranno poi essere retribuiti da TTPU con stipendi se non prossimi ai nostri, almeno tali da garantire loro una vita dignitosa in Uzbekistan, senza la necessità di ricorrere a un doppio lavoro come spesso accade.
Per meglio adempiere a questo compito potremmo ospitare questi docenti nel nostro “Teaching Lab”, il nuovo centro per il miglioramento della didattica al Politecnico di Torino che penso opportuno istituire. Questi aspiranti docenti potrebbero essere ex studenti uzbeki di talento che, a seconda delle aree culturali, abbiano fatto almeno la laurea magistrale da noi o alla TTPU e comunque il dottorato da noi a Torino. Un nucleo forte di 10-15 PhD formati a Torino potrebbe essere anche a livello dei centri tecnologici della TTPU la scintilla per fare partire efficacemente collaborazioni con industrie locali.
Nel tempo la presenza dei nostri docenti in Uzbekistan potrebbe quindi un po’ diminuire, ma mai ridursi sotto un valore minimo di garanzia (per esempio, 30%). Occorre infatti assicurare comunque la qualità e la trasparenza degli esami con una presenza fisica in situ. Sotto questo aspetto le modalità di lavoro recentemente varate e sopra menzionate (i. poche settimane di docenza diretta del docente di riferimento del Politecnico; ii. il resto del corso erogato da un docente uzbeko; iii. esami condotti sotto il controllo di docenti italiani) potrebbe diventare una opportuna prassi generalizzata.
Le risorse liberate per la docenza italiana potrebbero essere impiegate in altre analoghe iniziative che dovessero nascere nel frattempo secondo un nuovo format da seguire per i nostri progetti di maggior peso all’estero.
Un tema infine molto critico inoltre quello della assistenza sanitaria dei nostri docenti in Uzbekistan. Dovremo assolutamente fare in modo che essi trovino condizioni di pronto intervento prossime a quelle italiane inserendo clausole specifiche di assistenza in centri privati locali. Il prendere un jet privato per tornare in Italia non può essere l’unica soluzione per risolvere problemi di salute di una certa gravità che dovessero insorgere.
Potrebbe infine essere utile per la qualità della vita dei nostri docenti in Uzbekistan, mettere a disposizione del nostro responsabile designato alla TTPU un piccolo budget, adeguatamente regolamentato nelle modalità di utilizzo, per acquisti di beni e servizi di piccola entità a vantaggio dell’operato quotidiano dei nostri docenti e della funzionalità delle loro abitazioni.
Sarà infine importante l’assistenza a Tashkent da parte di personale tecnico-amministrativo locale di nostra fiducia, in particolare sui seguenti punti:
- registrazione “sicura” degli esami, controllo delle carriere e mantenimento di un database sicuro (anche a Torino, di concerto con la suddetta “Casa Uzbekistan”);
- formazione del personale in loco;
- creazione e mantenimento di una rete di comunicazione controllata ed efficiente presso la TTPU e da/verso la nostra Sede Centrale.